di Filippo Prati.
Quotidianamente migliaia di persone si affidano alla Diagnostica per Immagini alla ricerca della causa dei loro dolori.
Gli esami radiologici quali Radiografie, ecografie, TAC e Risonanza Magnetica, possono essere molto preziosi per identificare condizioni mediche serie come fratture, lussazioni, danni al midollo spinale, etc…
Una volta esclusi dal medico i problemi “seri”, questi esami non si rivelano però di grande valore per aiutare a spiegare gran parte dei sintomi dolorosi che si voleva indagare.
Molteplici sono le ragioni per cui la diagnostica non ci aiuta a capire “perché ho male”. Facciamo alcuni esempi: la diagnostica non ci dice come lavorano i nostri muscoli e le nostre articolazioni in movimento, non ci dice nulla sulle condizioni di forza, di equilibrio e di stabilità delle nostre articolazioni e soprattutto esclude totalmente tutte le variabili soggettive psicosociali che possono andare ad influenzare la propria concezione del dolore modificandone intensità, frequenza ed aspettative.
E’ bene fare luce su alcuni aspetti importanti relativi alla diagnostica per immagini affinchè si possa comprendere maggiormente il significato che una Risonanza Magnetica può fornire alla sua lettura.
Analizziamo, in questo articolo, i dati relativi alla Colonna Lombare.
Gli studi di Cheung (2009) hanno evidenziato come una degenerazione dei dischi della colonna lombare è presente nel 40% degli individui sotto i 30anni e in oltre il 90% delle persone tra i 50-55 anni.
Takatalo (2009) ha anche mostrato che in soggetti sani tra i 20-22 anni il 48% presenta almeno una degenerazione ad un disco ed il 25% ha una protrusione discale.
Il dipartimento di Neurochirurgia dell’Università della California SCONSIGLIANO fortemente l’utilizzo di routine della Risonanza Magnetica per il mal di schiena per il fatto che essi NON hanno trovato collegamento tra i cambiamenti degenerativi che si osservano sulle Rx o Risonanze Magnetiche e il mal di schiena (Chou 2011).
Osservata la grande percentuale di riscontri di esiti degenerativi anche in persone sane e viste le indicazioni del dipartimento di Neurochirurgia californiano, non si può effettuare un collegamento certo tra un cambiamento degenerativo osservato su Rx/Rmn e la fonte del mal di schiena.
Questo ci suggerisce non solo che la maggior parte dei referti non sono particolarmente utili, ma alcuni studi sostengono che sono addirittura dannosi da un punto di vista psicologico.
Si può immaginare infatti che se soffrendo di mal di schiena si decida di effettuare una risonanza e questa riferisca di una protrusione discale, sia facile la connessione diretta tra la protrusione e il dolore; anche quando il dolore possa essere invece legato semplicemente ad una cattiva abitudine posturale ad esempio, oppure ad un indebolimento, un disequilibrio o un sovraccarico muscolare.
Questa convinzione può avere molteplici effetti negativi, ad esempio si potrebbe arrendersi a considerare il dolore conseguenza dell’invecchiamento irreversibile del proprio corpo abbandonando la ricerca di una cura ed affidandosi a farmaci anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Un altro effetto negativo sta nel rischio di delegare la responsabilità del mal di schiena alla “protrusione discale” riducendo ancor maggiormente l’attenzione ad un corretto stile di vita e alla cura della propria schiena.
Come si può vedere nel grafico a fondo pagina la colonna lombare non è l’unico distretto per cui valgono queste osservazioni.
Quindi prima di arrivare a conclusioni affrettate (in particolare dopo i referti diagnostici) riguardo la causa del proprio dolore è necessario effettuare un esame clinico accurato sfruttando la collaborazione tra il proprio medico e il proprio fisioterapista in modo da avere un quadro più chiaro possibile.
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